Tartarughe invasive: marketing e analisi socio ambientale

Ad oggi il termine “tartarughe invasive” si impiega in riferimento alle specie acquatiche: Trachemys scripta scripta e Trachemys scripta elegans. Sebbene per le persone comuni una tartarughina d’acqua sia un tenero animale domestico, molte aziende vedono questi rettili in modo diverso.

Tartarughe invasive

Tartarughe invasive: gli interessi commerciali dei pet shop e delle aziende produttrici

Il mercato delle tartarughe acquatiche è sempre stato per molte aziende un opportunità profittevole. Nello specifico a fare gola alle compagnie è la possibilità di applicare la strategia del cross-selling.

Il cross selling è una strategia di vendita che consistente nel proporre al cliente, che ha già acquistato un particolare prodotto (o servizio), anche l’acquisto di altri prodotti (o servizi) complementari.

Questa strategia commerciale ha permesso alle aziende di generare enormi profitti all’interno della filiera del pet trade.

Tartarughe invasive

Dunque, capiamo che dietro alle piccole Trachemys s.s. e s.e., importate dal 1950 fino al divieto del 2018, si è nascosto un mercato del lucro, volto alla vendita di prodotti e servizi correlati: pensione, vaschette di plastica, mangimistica… solitamente una filiera di prodotti poco consapevoli e progettati per le persone, piuttosto che per il benessere delle tartarughe. Proprio questi prodotti sono stati identificati come una delle principali cause di morte di molti esemplari.

A facilitare la diffusione delle tartarughine acquatiche Trachemys, molti negozi, negli anni hanno omesso informazioni sulla loro biologia. Personalmente dubito che questa “agevolazione alla vendita” sia stata inconsapevole. Ma di fatto le Trachemys s.s. e s.e. sono state per anni sponsorizzate come specie particolarmente piccole, “che non crescono”.

Tartarughe invasive

La realtà dei fatti è che l’unica specie di tartaruga acquatica definibile “piccola” è la Sternotherus odoratus, che arriva a 14/15 cm di carapace da adulta. Le Trachemys, come le Pseudemys, possono invece raggiungere anche i 30 cm di carapace in relazione al sesso.

Tartarughe invasive: diffusione e abbondoni in massa

L’agevolazione alla vendita delle tartarughe acquatiche, la creazione di prodotti per il cross-selling e la superficialità delle persone hanno portato ad una diffusione massiva di questi rettili. Il target di vendita, per la maggior parte, non era indirizzato agli appassionati, bensì a famigliole con bambini.

Tartarughe invasive

Dopo la diffusione massiva, in Italia come in Europa, abbiamo assistito ad una serie di abbandoni di massa delle Trachemys scripta elegans (guance rosse). Successivamente, dopo i primi divieti, a sostituirla la sottospecie Trachemys scripta scripta (guance gialle).

Abbandoni facilitati dalla poca consapevolezza delle persone in materia di animali domestici. Sebbene un cane e un gatto abbiano una dignità, per le famiglie Italiane le tartarughe cresciute “troppo” rappresentano un peso. Qualcosa di cui disfarsi semplicemente, anche inneggiando alla libertà.

Ad oggi risulta impossibile stimare con esattezza la quantità di esemplari abbandonati, soprattutto in relazione al tasso di sopravvivenza. In alcune valutazioni ministeriali si stima che solo il 30% delle Trachemys rilasciate sia sopravvissuta nei nostri ecosistemi.

Trachemys invasive: gli effetti sull’ecosistema italiano

Tra gli effetti sull’ecosistema Italiano si temeva una competizione alimentare con le autoctone Emys orbicularis e trinacris. Tuttavia, dopo anni, si è compreso come la minaccia delle specie autoctone sia in realtà scollegata dalla presenza delle specie invasive. Al contrario gli anfibi Italiani, hanno sofferto maggiormente la presenza delle tartarughe invasive. Alcuni studi ipotizzano addirittura una diminuzione del tempo di metamorfosi “girino-rana” causata dalla presenza delle tartarughe invasive in acqua.

Tartarughe invasive

Fatta eccezione per gli anfibi, sono molti gli accademici che dipingono la presenza della Trachemys nel nostro ecosistema come un problema fine a se stesso. A Milano nel 2022 durante un incontro sulla fauna selvatica, il problema tartarughe invasive riportava il titolo “di che cosa stiamo parlando” in relazione ai danni limitati e contenuti che queste specie hanno provocato.

Trachemys invasive: siccità e pericoli post abbandono

Gli effetti del marketing malato delle multinazionali produttrici dei prodotti poco consapevoli, hanno causato la morte indiretta di molti esemplari. Sebbene il tasso di sopravvivenza post abbondono sia del 30% degli esemplari, le crisi idriche degli ultimi anni stanno minacciando la sopravvivenza delle abbandonate invasive.

Tartarughe invasive

Già nell’estate del 2022 la siccità ha causato la morte di molti esemplari abbandonati di Trachemys. Sebbene gli esemplari adulti non abbiano predatori in grado di controllarne la diffusione, per gli eventuali nascituri la situazione cambia. Uccelli, pesci, rettili, mammiferi… la fauna autoctona Italiana potrebbe addirittura giovare della presenza di baby Trachemys nell’ecosistema nutrendosene senza particolari problemi.

Tartarughe invasive: ministero e legislatura

Ad inferire sulla situazione delle tartarughe invasive il ministero dell’ambiente dopo averle classificate come “invasive”; ergo non cedibili, vendibili, spostabili… e aver dichiarato una strategia per il contenimento tramite centri di raccolta. Non ha mai stanziato reali fondi e campagne per la gestione di questi animali. Anzi al contrario, le direttive per la creazione di un “centro di recupero” sono stringenti e richiedono investimenti enormi. A detta di alcune associazioni, addirittura “sovradimensionati” rispetto alle reali necessità per contenimento delle specie.

Ad oggi nel 2023, il marketing ingannevole delle multinazionali continua, e in sostituzione alle invasive Trachemys scripta scripta e Trachemys scripta elegans, sono in maggioranza le Mauremys sinensis asiatiche. Proprio quest’ultima specie, dovrebbe risultare meno adatta a sopravvivere agli inverni rigidi del Nord Italia. Tuttavia date le recenti temperature dettate dal cambiamento climatico, il rischio è che nei prossimi anni, le Mauremys sinensis possano adattarsi ai nostri fiumi se rilasciate.

La naturalizzazione di nuove specie di tartarughe acquatiche nell’ambiente naturale Italiano è potenzialmente disastrosa. Ad oggi le specie rilasciate provengono dal Nord America, dopo il divieto del 2018 in Italia sono state introdotte le asiatiche Mauremys.

Dal punto di vista sanitario, nei prossimi anni, la nostra penisola rischia di ospitare patogeni asiatici e nord americani, minacciando ulteriormente le popolazioni di anfibi autoctoni. La principale causa è riconducibile alle direttive ministeriali del 2018 poco lungimiranti in materia di commercio di animali esotici e conservazione della fauna selvatica.

Edoardo Fivizzoli, riproduzione riservata.

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